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I numeri del cancro in Italia

“Sette su dieci tumori possono essere prevenuti; quasi 4 su dieci nascono a tavola; otto-nove cancri del polmone (42.000 casi/anno in Italia; 13.000 donne) su dieci colpiscono i fumatori. Gli altri sono dovuti a cancerogeni chimici come l'amianto (asbesto), il radon e i metalli pesanti. Fumo, scarsa attività fisica e abuso di alcol (specie binge drinking e superalcolici) rivoluzionano i livelli di estrogeni e creano cambiamenti biologici nel tessuto mammario rivelandosi importanti fattori di rischio per il tumore al seno (51.000 casi/anno). Nella donna l’alcol passa direttamente dallo stomaco al fegato donde rischio maggiore di alcoldipendenza e di complicanze alcol correlate. Limitandone i consumi, in Italia, si eviterebbero almeno 5.000 casi/anno di cancro.

Fumo, alcol, obesità promuovono il cancro del pancreas (14.000/anno e pochi, purtroppo, avranno -– vita lunga). Eppure, nonostante la sua aggressività, 6 italiani su 10 non ne hanno quasi mai sentito parlare e, meno che mai, fanno prevenzione. Per il cancro del pancreas ( nonostante gli indubbi avanzamenti di diagnostica precoce e di chemioterapici all’avanguardia, si raggiungono, in centri qualificati, sopravvivenze di 20 mesi in casi al I e II stadio (operabili), di 6-11 mesi  in casi di tumore localmente avanzato e infiltrante e di 3-6 mesi per il IV stadio), a Bari (U.O.C. di Oncologia Interventistica dell’Istituto oncologico “Giovanni Paolo II”) il dr Cosimo Damiano Gadaleta ha ideato ed attuato, con successo, in un primo caso, una terapia vincente.

Scopo dichiarato dei terapeuti è di far giungere i farmaci a livello del tumore e consentir loro di agire per più tempo in continuità ed in dosi complessivamente inferiori, di Bari e pubblicato sull’autorevole rivista “Frontiers in Oncology” (31.3.2022). Una donna di 68 anni, sofferente di ricorrenti dolori addominali ed altra sintomatologia, riconosciuta affetta da “adenocarcinoma duttale pancreatico, infiltrante duodeno, coledoco arteria e vena mesenteriche sup.”, con “very poor prognosis”. La strategia instaurata è stata: modificare l’impianto vascolare dell’organo “chiudendo” la milza (embolizzazione) e rendere l’arteria splenica come unico accesso al pancreas; chiudere tutte le altre connessioni vascolari, porre un catetere a permanenza che  porti dall’esterno, il farmaco (i) in concentrazioni locali 100 volte superiori a quelle di altre vie e, grazie a una pompa, lo faccia giungere, a goccia lenta, in continuità, sì che il tempo di contatto consenta di colpire i cloni nascenti del tumore.

La paziente aveva finito appena 2½ cicli di trattamento quando la sua situazione si aggravò rapidamente fino alla morte. L’esame autoptico addebitò a legionellosi (altri casi nel nosocomio) la causa della morte ed escluse qualsiasi interferenza da parte della terapia sperimentale in atto. La sorpresa venne dal reperto macro e microscopico della regione pancreatica: “Regressione del tumore e delle sue interferenze su organi e sistemi”. Ben venga ma questo caso rischia di restare unico perché il dr Gadaleta è andato in pensione e non si sa chi potrà continuare la sperimentazione.

Donatella Tansella

 

Foto: airc.it

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